Dalle routes – Dal Rwanda all'eremo emiliano

Due storie di coraggio: una ‘lontana’, l’altra insolita, intima e vicina. Che ci è andata a fare Eugenia in Africa? Un eremita ha bisogno di coraggio? Ecco le risposte.

“La mia Africa”

Priorato di Fontanellato (Parma) – C’è la storia di una madre, capace di percorrere a piedi 350 chilometri fino a lacerarsi i piedi per salvare i propri figli dalla prigione. E’ c’è anche il coraggio dell’astuzia per una buona causa. Sono i due ‘opposti’ che  trasmettono le testimonianze condivise sabato 1 agosto da suor Eugenia nell’incontro davanti al fuoco dei clan dei gruppi scout Fontanellato 1, Milano 3 e 88 e il Terni 9. Suor Eugenia proviene dal convento delle Piccole Figlie, il suo sogno era andare in Africa, ma il sogno si è scontrato con la realtà. Quella appunto della storia di una madre che pur di non vedere i suoi figli nella prigione, sfruttati nelle miniere di diamanti, camminò talmente tanto da lacerarsi i piedi. Ma l’Africa, per suor Eugenia è stata anche una esperienza e testimonianza del coraggio di servire: è riuscita a introdurre lo scautismo, che non era permesso; ha usato questo trucco: ha usato una parola che nella lingua swahili significa famiglia e in fondo è anche questo lo scautismo. “Non esiste coraggio senza paura” come quella che ha provato durante il genocidio in Rwanda nel 1994: suor Eugenia vedeva le persone passare la dogana sul confine del Rwanda, impotente. Lei insieme agli altri missionari e chiesero aiuto alle associazioni internazionali senza avere risposta, finché dopo 15 giorni arrivarono 20 portoghesi dell’Onu che installarono almeno un depuratore per l`acqua. “In queste situazioni ti chiedi Dio dove sei? La risposta è: ho fatto te, se tu non ti butti nella mischia io non posso farcela. La mia Africa è stata molto diversa da quel a che sognavo, in essa ho lasciato la mia salute, ma ho ricevuto la vita nonostante tutto”, scandisce suor Eugenia

Il coraggio dell’eremita

Fontanelle (Parma) –  I clan scout del Fontanellato 1, Milano 88 e 3 e Terni 9 hanno  incontrato Sandro, un eremita che “ci ha donato le caratteristiche che una persona dovrebbe avere per essere bella”, raccontano rover e scolte. Il primo punto è la lucidità critica rispetto alla legge, al conformismo, con se stessi, “la verità ci farà liberi”. La gratuità vissuta, ovvero l`atteggiamento di chi vive con il dono della grazia, “vedere la bellezza di ciò che ci circonda”. La libertà disinteressata è l’essere povero di spirito, liberi davanti al potere, alle condizioni sociali, liberi di amare il Signore e di sognare. La creatività in festa è il saper creare con pochezza gioia. Il conflitto come vita ovvero la passione per la giustizia verso la pace. La fraternità egualitaria, l`essere in comunione con tutti senza perdere la propria identità. Infine, la persona bella è caratterizzata dalla speranza utopica, dall’infinita apertura dell’anima e dalla resistenza. I ragazzi hanno chiesto cosa è il coraggio a Sandro ed egli rispose: “Con il coraggio si può anche giocare, ma non è il coraggio che stanno cercando, il coraggio viene fuori in situazioni difficili”.

 

Beatrice Raggi