“Amianto mai più”, ex operaio si racconta: giustizia per le vittime

A Monfalcone (Gorizia) c’è uno dei più grandi cantieri navali d’Italia, fondato nei primi del ‘900 e oggi di proprietà di Fincantieri. Qui sono state costruite enormi navi da crociera, cacciatorpedinieri e sommergibili per la Marina Militare italiana, come i celebri Toti e Sauro.

Per il Friuli Venezia Giulia è un polo industriale importante, che ha dato lavoro a generazioni di operai provenienti da tutta Italia.

Tra questi, anche Carmelo Cuscunà, 90 anni, presidente dell’associazione “Amianto mai più”. Il clan del gruppo Fiume Veneto 1 l’ha incontrato per farsi raccontare la sua storia e capire come mai proprio a Monfalcone sia stata fondata questa associazione.

Signor Carmelo, ci racconta quando è iniziata la sua esperienza in cantiere e come si lavorava?

Il cantiere a Monfalcone è nato nel 1908 e fino al 2008 ha prodotto 937 navi, molti aerei, carri ferroviari e sommergibili. All’epoca, per costruire il ponte di una nave ci volevano tre saldatori ogni due metri di ferro, ora invece vengono utilizzate delle macchine automatiche.

Nel 1952 sono stato assunto da una ditta in appalto come isolatore di tubi e pareti. In quegli anni si utilizzava l’amianto, impastato in sacchi come se fosse cemento, per isolare la sala macchine dal resto dello scafo. Inoltre si spruzzava nelle paratie come sicurezza antincendio.

Oltre 17.ooo operai hanno lavorato per anni a stretto contatto con questa sostanza. A volte, al cantiere, ci capitava di rimanere avvolti da una nebbia di amianto che impediva di vederci tra di noi!

E molti suoi colleghi operai si ammalavano.

Inizialmente nessuno capiva perché molti di noi si ammalassero e talvolta morissero. Solo in seguito si è scoperto che le fibre di amianto, se inalate soprattutto per lunghi periodi come accadeva a noi, causano malattie gravissime a danno del sistema respiratorio, come i carcinomi polmonari e altri tumori, che a volte impiegano anni a manifestarsi.

A Monfalcone la nostra associazione ha accertato almeno 2.000 casi di morte dovuta a queste malattie e derivante dall’utilizzo dell’amianto nei cantieri navali.

Per questo è nata l’associazione “Amianto mai più”?

Sì. È nata nel 1994 per sostenerci a vicenda nell’affrontare le malattie. Oggi siamo circa 150 soci, per lo più vedove e figli di operai deceduti. Questa tragedia ci ha unito e ha creato un legame importante che ha portato a molte vittorie.

Per esempio la sentenza del tribunale di Torino che ha condannato i vertici di Eternit?

La causa riguardava in particolare lo stabilimento Eternit di Casale Monferrato, in Piemonte, che produceva coperture in cemento-amianto, ma per tante associazioni di ex operai esposti all’amianto in Italia è stata una grande vittoria. Ma non è stata fatta ancora giustizia piena: ci sono altri processi in corso, che non sono ancora conclusi.

C’è ancora amianto nella nostra regione?

Purtroppo sì. La Regione ha censito le coperture in cemento-amianto presenti nel nostro territorio, ma smaltirle è estremamente costoso.

Francesco Perissinotto