Trentamila scout e tre… dromedari

Non si  vedevano a San Rossore da cinquant’anni, ma grazie all’Agesci e alla Route nazionale tre dromedari, un maschio e due femmine, tornano a popolare il parco. Inizialmente introdotti dai Medici nel ‘600, quando utilizzavano la tenuta per i propri soggiorni estivi, i dromedari di San Rossore, erroneamente chiamati “cammelli” dai pisani, venivano utilizzati come animali da soma dai contadini della zona. Infatti, il clima e la morfologia geografica del luogo si sono dimostrate ideali per la diffusione di questi animali, che hanno vissuto tra i prati del parco per oltre tre secoli, fino alla seconda Guerra mondiale, quando, i militari tedeschi di stanza nella zona li utilizzarono per sfamarsi prima dell’arrivo degli Alleati. Successivamente, nel secondo Dopoguerra, intorno al 1956, l’azienda di promozione turistica di Pisa prova a reintrodurli ma senza grande successo fino ad ora. Grazie all’Agesci, la Route nazionale lascerà al parco naturale un dono insolito: i tre dromedari appena arrivati dopo essere passati, come vuole la tradizione, da piazza dei Miracoli prima di entrare in quella che sarà la loro nuova dimora vengono accolti dai rover e dalle scolte di tutta Italia nella cerimonia inaugurale presso “il campo del futuro” diventando un po’ le mascotte della Route nazionale. Al progetto di reinserimento, partecipa anche la Facoltà di Veterinaria dell’Università di Pisa che contribuirà alla riproduzione degli animali una volta che si saranno adattati al nuovo habitat e provando a ripopolare il parco.

I due dromedari accolti dai ragazzi alla Route nazionale. Foto di Francesco Mastrella

I due dromedari accolti dai ragazzi alla Route nazionale. Foto di Francesco Mastrella

Insomma, i numeri dei presenti a San Rossore aumentano: oltre ai 30000 rover e scolte, ecco anche tre dromedari a testimoniare come il mondo si possa “lasciare meglio di come si sia trovato” anche così.

Gianluca Ermanno

(Foto in evidenza: due dei dromedari donati dall’Agesci a San Rossore arrivano al parco. Foto di Giacomo Bindi)