Allāh akbar anche a San Rossore

“Allāh akbar” (Dio è il più grande), inizia così il șalāt, la preghiera islamica comunitaria del venerdì. Solo che stavolta la scena si svolge a San Rossore: la tenda accoglie sette ragazzi da Libia, Marocco e Egitto, ospiti alla Route nazionale Agesci, nel contingente internazionale (che il giorno prima si erano aggregati al momento di preghiera mattutino all’interno del quartiere).Una scena imprevista, che succede? Con loro c’è Salah, 20 anni. Il giovane marocchino spiega: “La preghiera deve essere compiuta con gesti e parole ben determinati. Essa prevede tre posizioni del corpo fondamentali, ciascuna delle quali corrisponde alla recitazione di determinate formule” ovviamente in direzione de La Mecca.

Salah confida: “La posizione in ginocchio, con le mani prima e poi con la fronte che poggia a terra, è quella che ci fa sentire più vicini a Dio”. Salah, fazzolettone blu con strisce bianche, prende la parola in una zona d’ombra sotto il sole cocente, e istruisce i suoi fratelli di preghiera prima del canto – come il muezzin che, dall’alto del minareto, invita i fedeli alla preghiera – che apre il secondo momento di preghiera della giornata dopo quella della primissima mattina (alle 5).

I sette ragazzi sono tutti scalzi e riescono con teli e asciugamani a coprire le gambe lasciate nude dai pantaloncini scout, come richiesto dal sacro testo dell’Islam. Molti rover e scolte dell’Agesci, di passaggio vicino alla tenda, sembrano osservare incuriositi, e li senti bisbigliare: “Questo è un altro esempio di una ‘strada di coraggio’ che noi 30.000 abbiamo deciso di percorrere”.

Michele Fazio