Vivere una “route lampo” in Palestina per conoscere le difficoltà provate da chi abita quei territori. Questa è la proposta lanciata da Gaetano e Matteo, responsabili del laboratorio “Beata Palestina”.
Fisicamente in viaggio per questi territori “caldi e santi” chi da capoclan, chi da pellegrino, l’esperienza nella Terra del Santo li ha portati a pubblicare un libro, dall’omonimo titolo “Beata Palestina!”.
Come nella migliore tradizione scout, prima di iniziare un cammino si parte dallo zaino, questa volta preparato comunitariamente dai partecipanti al laboratorio. Largo allora a torce, canzonieri, vangeli e sacchi a pelo, simboli materiali delle qualità ritenute essenziali in questa strada di coraggio. A testimoniare la sfaccettata realtà di Palestina ed Israele ci sono tre personaggi: c’è Daoud, palestinese che lotta contro l’occupazione israeliana continuando a coltivare la collina comprata dalla sua famiglia tanti anni fa, protagonista di rivendicazioni israeliane ed oggi anche associazione dal nome “Tent of Nations”, che ospita qualsiasi straniero voglia visitare la Palestina.
C’è David, ragazzo israeliano che ha coraggiosamente scelto di diventare un “refusnik”, un disertore dell’esercito, perché non crede più nei valori che gli sono stati insegnati. Infine c’è Abuna Ibrahim Shomali, padre della comunità cristiana palestinese di Betsaour, attualmente ospite qui a San Rossore insieme ad una rappresentanza di scout palestinesi.
Attraverso le loro esperienze vengono ripercorse anche le tappe più significative del conflitto israelo-palestinese, dalla fondazione nel 1948 dello Stato di Israele, fino ad arrivare al 2003, anno del “muro di sicurezza”, che divide arbitrariamente il paese per circa 750 chilometri.
Obiettivo di questo laboratorio, non è la sola informazione. Altra parola chiave è l’immedesimazione, a cui i ragazzi sono stimolati attraverso la realizzazione di scenette di “situazioni tipo”, per avvicinarsi alla viva realtà di questi due popoli.Chiude l’attività un metaforico muro di post-it da abbattere, e sostituire con altrettanti post-it spiragli di speranza.
Scrive Sara, del gruppo Gioiosa Jonica 1: “I giovani di entrambe le parti devono imparare a dire insieme NO WAR”, riassumendo in questa richiesta di pace, dialogo e confronto tutte le proposte avanzate.
Giulia Pisacane