Prima tappa
Acqua. La parola di oggi è acqua.
Località Casera Razzo (Belluno) – Stremati dalla fatica o forse anche “scremati” visto il numero di sopravvissuti – i gruppi scout di Sassari 4, Rocca San Casciano 1 e San Donà 1 arriva in località Casera Razzo sul confine tra Friuli Venezia Giulia e Veneto. Salita. Discesa. Pioggia. Sole. Pioggia. Che, come si dice, i veneti siano altezzosi o i sardi pastori, poco importa: quello che sembra uno strazio di salita, altro non è che un genocidio di stereotipi e – forse – anche un grande slancio di comprensione. E così si spera nel sole e si maledice la pioggia – complice di qualche nuvola troppo caparbia – si tracannano borracce in clima di “mie o tue poco importa”. Quattro ore di cammino, forse più. Alle 14 pranzo nel bosco, spaccio di mustaccioli, tiricche e pappassini: ogni tipo di caloria pericolosamente zuccherosa. Qualche mucca curiosa mastica sulle nostre faccione affamate. E’ alle 18.30 l’arrivo effettivo a Casera Razzo; preparativi per la cena con conseguente tenda bruciata del gruppo scout di Sassari 4, causa: piccola perdita di gas da un fornello. La Casera Razzo si presenta accoccolata tra Col Cervera, Col Di Rioda e Col Morende: le Dolomiti, sfumate tra nuvole che ci costringono ad abbandonare al “sole” sacchi a pelo e stuoini bagnati. La giornata termina in una serata tranquilla. Le tende ci ospitano verso le 22:30 in un sonno piuttosto umido.
Seconda tappa. Formaggio. La parola di oggi è formaggio.
Località Casera Campo (Belluno) – La luce delle 7 sveglia il gruppo. In mezz’ora ogni ragazzo e ragazza dei tre gruppi scout di Sassari 4, Rocca San Casciano 1 e San Donà 1 si dedica alla lavorazione del latte, imparando che due volte al giorno, alle 6 del mattino (un’ora prima della nostra sveglia) e alle 17 per due ore, lo stesso viene trattato e trasformato in formaggio. In tarda mattinata gli zaini sono pronti e il gruppo si mette in cammino direzione Casera Campo, con sosta per il pranzo a Casera Sottopiova. Casera Campo si nasconde ai piedi dell’imponente Creta di Mimoias e srotola sotto i propri una lunga strada; lungo la stessa, incontriamo due gruppi scout rispettivamente veneti e calabresi.
Terza tappa. La parola di oggi è racconto.
Località Campolongo (Belluno) – Il gruppo arriva alla casa di Campolongo, rifugio dei volontari alpini Cadore-Feltre, seconda casa del gruppo scout San Donà 1 e di don Guerrino, per trent’anni suo assistente ecclesiastico. Intorno alle 15.30 don Guerrino racconta la storia che le cime del Cornon, delle Naie e della Terza Media e Grande, Dolomiti imponenti, celano possessive; e poi ancora l’epoca di Mussolini, il fascino inquietante del Vallo del Littorio, anche noto come Vallo del “non mi fido” sulle alpi che vanno da Trieste a Ventimiglia. Il gruppo si arrampica fino a raggiungere uno dei forti costruiti dal Duce, che buio e gelido riporta le voci dei militari che si rifugiavano in tempo di guerra. Bagnati per una pioggia improvvisa, di ritorno dal forte, i ragazzi e le ragazze dei gruppi scout di Sassari 4, Rocca San Casciano 1 e San Donà 1 guardano insieme un video prodotto da don Guerrino sui panorami meravigliosi del territorio che ci circonda. Cena il più possibile confortevole, il calore timido di un fornello contro il gelo serale delle Dolomiti. Il fuoco serale abbraccia il gruppo in un unico inno alla notte, che serena – ma pur sempre rinfrescata da un freddo piccante – ci culla nelle tende.
Quarta tappa. La parola di oggi è condivisione.
Località Campolongo (Belluno) – Il quarto giorno si vive nella casa di Campolongo. I tre gruppi scout di Sassari 4, Rocca San Casciano 1 e San Donà 1 vivono il pomeriggio condividendo i lavori dell’anno sul tema del coraggio. Il gruppo scout di Sassari 4 presenta il tema della solitudine, argomento affrontato durante l’anno, con una rappresentazione. Segue un bagno gelato nel torrente e un provvisorio sole caldo; ma di lì a poco ancora una pioggia battente. In serata è il gruppo scout di San Donà 1 a presentare il proprio percorso: si parla di ultimi, di soli, di poveri ed emarginati. Alla fine dell’attività, i ragazzi di San Donà 1 regalano ad ognuno un oggetto rappresentante l’esperienza vissuta durante l’anno: un “pezzetto” della propria memoria, come un lucidalabbra, un trifoglio – non un quadrifoglio – del pepe, una biglia, un bastone, la Costituzione Italiana, un anello, una molletta, alcune pedine di un gioco, una bambolina di stoffa, etc. Frammenti di esperienza che andranno poi a completare la Carta del Coraggio, ancora in attesa di essere discussa.
Quinta tappa. La parola di oggi è alfiere.
Stefano di Cadore (Belluno) – Alfiere. La grande perla della quinta giornata brilla in questo nome. Lo zaino si svuota e poco per volta grava meno sulle spalle dei ragazzi e delle ragazze: salutano gran parte del suo peso a Campolongo e si allontanano verso Santo Stefano di Cadore, paese di montagna poco lontano dalla casa scout. Prima di partire, discutono della Carta del Coraggio e marchiano la casa con la propria targhetta. “Coraggio di essere scout” grida la targa, rivolta a chiunque abbia modo di intravederla e interpretarla. I gruppi scout di Sassari 4, Rocca San Casciano 1 e San Donà 1 scendono lungo una discesa abbastanza blanda, che si impenna in prossimità della località Bajarde di Santo Stefano, dove trascorrono la giornata.
Pranzo alle 15. Torneo di roverino, gioco scout che consiste nel lanciare un anello realizzato con tubo di gomma. Segue la presentazione del “capitolo” – strumento per approfondire una tematica di interesse comune – da parte dei ragazzi e delle ragazze di Rocca San Casciano 1: un gioco dell’oca “umano” con i luoghi visitati durante il cammino. Poi un’attività da alta tensione: il gruppo deve eleggere l’alfiere che rappresenterà i tre gruppi scout nel Consiglio Nazionale R/S, organo che redigerà la Carta del Coraggio a San Rossore. Questo momento si trascina, nella sua fragilità, fino a cena quando l’eletto viene accolto da uno scroscio di applausi. Domani il suo debutto a San Rossore. La sera raccoglie il gruppo nell’ultimo fuoco che trascorre nella propria intimità, costruita nei cinque giorni vissuti insieme. Sale l’eccitazione per l’arrivo a San Rossore: si mescola alla curiosità e sfuma nella grinta del vivere scout. Il coraggio di essere scout comincia a pulsare nelle vene.
Silvia Lo Castro