“La Chiesa deve dare un messaggio antropologicamente fondato che sappia parlare alla vostra umanità”. Così Luciano Manicardi, vicepriore della comunità monastica di Bose, apre la tavola rotonda con tema ‘La Chiesa e i giovani’. “La base fondante del cristianesimo è la vicenda umana di Gesù Cristo”, continua il monaco, “col suo esempio ha insegnato l’essere comunità: sapere dare tempo, dare ascolto, dare parola per riuscire a dare presenza”.
Accanto a lui stanno don Antonio Rizzolo, direttore della rivista Credere, e Alberto Chiara, caporedattore di Famiglia cristiana. Don Antonio parla del rapporto fra reale e virtuale e della tendenza ‘schizofrenica’ che porta, in questi spazi, ad avere identità diverse. Chiara parla di una Chiesa che vive una profonda dicotomia fra l’essere un “potere fra i poteri” e il porsi come “ospedale da campo”.
Dopo gli interventi, i ragazzi si sono divisi in gruppi nei quali hanno discusso le tematiche affrontate, per poi tornare e condividerle con gli altri. Ne è emersa una grande voglia di essere Chiesa, ma una Chiesa diversa, nuova. Difficoltà di comunicazione, testimonianza spesso non positiva, parole lontane nel tempo, sono i punti che i ragazzi hanno invece sottolineato come più critici.
La parola torna ai relatori per la conclusione. Alberto Chiara afferma che il problema non sta tanto nel divario fra digitale o non digitale, ma fra la relazione e la non relazione. Don Rizzolo esorta i giovani ad essere il quinto Vangelo scritto giorno per giorno con la propria testimonianza. “Avete detto che come scout cercate di essere buoni cittadini, ma dovete essere di più: buoni uomini”, conclude Luciano Manicardi. Che spiega: “Per diventare buoni uomini dovete seguire e conoscere l’umanità di Gesù. La Chiesa non è una macchina, ma un corpo. Rinnovandone le parti si riesce a rinnovarla. Per questo dovete leggere il Vangelo.”
Giovanni Barsocchi