Il cardinale Angelo Bagnasco è visibilmente di felice di essere in mezzo ai “suoi” scout, visto che dal 1970 al 1985 ha ricoperto il ruolo di assistente ecclesiastico del gruppo Genova 10. Le prime parole della sua omelia lo evidenziano: “Per me, cari amici, venire tra voi è come tornare a casa”. Non si lascia prendere però da sentimentalismi e mette in guardia i ragazzi dal conformismo e dal pensiero unico, invitandoli ad avere coraggio e a pensare con la propria testa. Forte della sua esperienza scout, spiega che questa è l’unica strada, simile a quella delle route che parla di “cime e pianure, di monti e laghi, di orizzonti ampi, di servizio e fatica, di fraternità sul campo.. in una parola, parla di nobiltà e bellezza”; infine paragona gli Apostoli ad una “squadriglia” che Gesù sprona in tre direzioni di coraggio.
Il coraggio di essere liberi
Subito il presidente della Cei fa un affondo: “Si parla molto di libertà, ma non si vedono molti uomini liberi. Siete voi persone libere?”. La libertà, spiega, non è fare quello che si vuole e non è la scelta che rende buono o cattivo un comportamento, perché così si è senza fondamento nella vita e “laddove tutto è possibile, nulla esiste!” afferma, citando Gerard Schmit. La libertà è scegliere il bene che costruisce l’umanità, anche quando non corrisponde al proprio interesse, così come la strada passa dai piedi e arriva al cuore, riempiendo la vita, nonostante la fatica.
Il coraggio di amare
“L’uomo è fatto per amore e per amare… Senza l’esperienza di amare e di essere amato, l’uomo non sa più chi sia”, incalza Bagnasco, evidenziando come sia difficile e quanto coraggio richieda perché “amare non è prendere e possedere, ma è dare e lasciar liberi”. Bisogna poi fare esperienza quotidiana del limite e del bisogno proprio e altrui per riscoprire la bellezza e l’umiltà del dare e ricevere aiuto.
Il coraggio di essere cristiani
Il cardinale evidenzia come seguire Gesù sia il coraggio più grande e come comporti e compia anche quello di essere liberi e di amare. Prende spunto dal brano evangelico letto per spiegarsi (Mt, 14,22-33): la vita, come la barca degli apostoli in mezzo alla tempesta, non è mai un’attraversata leggera e spesso si vorrebbe che Dio si facesse vedere per porre fine ai problemi del mondo. Ad essere troppo presi da sé stessi col cuore distratto, si corre il rischio di non riconoscere il Signore che è vicino. Le parole di Gesù “Coraggio, sono io! Non abbiate paura!” Ci dimostrano che dove c’è Lui “il mondo prende colore e la vita è piena di luce” e le sofferenze e il peccato assumono un senso diverso, nonostante restino tali.
Bagnasco invita i ragazzi a non fare come Pietro che se non ha prove non può credere, ma a seguire il Maestro tenendo lo sguardo da Lui, senza volgerlo ai nostri limiti e fragilità, altrimenti si rischia di affondare: “quando non guardiamo la luce, allora anche il buio sembra luminoso”. Credere in Cristo significa arrendersi all’amore, affidarsi a Gesù accogliendo la sua parola che però richiede impegno. “Chi ama fatica, ma non si affatica” conclude.
Infine, a nome suo e dei vescovi italiani, saluta i rover e le scolte: “Grazie perché ci siete!”.
Daniele Rotondo
(in copertina il Cardinale Bagnasco – credit Giacomo Bindi)