Per non dimenticare…

Clan Orizzonti, Gruppo scout Pistoia 4

 

24 agosto 2016, ore 3:36: una scossa di magnitudo 6.0 colpisce la Valle del Tronto, provocando in totale 300 morti e distruggendo intere città, come Amatrice, Arquata del Tronto e Accumoli.

30 ottobre, ore 7:40: a distanza di due mesi dalla scossa che ha devastato il Centro Italia, una seconda scossa di magnitudo 6.5 con epicentro in provincia di Perugia genera numerosi danni, distruggendo e danneggiando molte opere architettoniche a Norcia tra le quali la Basilica di San Benedetto.

Con il clan abbiamo ripercorso le zone terremotate, a partire da Norcia fino ad Arquata del Tronto, passando per i Monti Sibillini.

Sono passati cinque anni, ma le aree interessate dal terremoto sono rimaste immutate: i lavori di ricostruzione procedono a rilento, gli sfollati abitano ancora nelle SAE (Soluzioni Abitative in Emergenza), le macerie prodotte sono ancora in strada, alcuni paesi sono totalmente distrutti.

Quelli strutturali non sono, tuttavia, gli unici danni provocati dal terremoto: come ci ha spiegato Stefano Cappelli, gestore del Rifugio Mezzi Litri di Arquata del Tronto, anche il tessuto sociale ne ha risentito: la gente è rimasta così sconvolta dall’accaduto da non interagire più. “Sono entrato in un bar”, spiega, “alcuni clienti stavano guardando la televisione. Ho preso il telecomando e ho cambiato canale perché mio figlio voleva vedere i cartoni: nessuno ha avuto da ridire”; di solito, invece, si sarebbero scaldati gli animi. Il terremoto ha avuto anche conseguenze economiche e turistiche: dal punto di vista economico molte persone sono riuscite a riaprire la propria attività seppure in strutture temporanee, altre si sono completamente reinventate come ha fatto Stefano Cappelli che ha deciso da fornaio di aprire un rifugio. Altre persone hanno sfollato e hanno deciso di non tornare mai più nella terra natia; degli anziani che “non erano abituati alla vita in hotel, all’orario dei pasti ed avere tutto pronto si sono lasciati andare”, ci racconta Stefano. Una parte degli abitanti che è rimasta si sente abbandonata dalle istituzioni dal punto di vista sociale e turistico. È proprio il settore terziario ad aver risentito maggiormente dell’accaduto: ad esempio, nella pianificazione del nostro percorso abbiamo dovuto tener conto di sentieri inagibili.

Nonostante ciò, durante la route abbiamo trovato paesaggi mozzafiato come la bellissima alba a Forca Viola e abbiamo potuto toccare una delle più alte vette della zona, la Cima del Redentore. La bellezza della natura e dei suoi paesaggi contrasta con la catastrofe strutturale che si è venuta a creare; questo va a discapito della potenziale attrazione turistica che potrebbero avere questi luoghi. Ad esempio, durante la seconda tappa della route, siamo passati nei pressi di Gualdo, un piccolo borgo diroccato completamente distrutto e privo di attività umana: le case sembravano “congelate” all’istante del terremoto di fronte ad una natura in continuo cambiamento.

Come clan abbiamo deciso di parlare di queste zone per riportare la situazione sotto i riflettori, pensavamo di coinvolgere persone famose originarie di quei territori per raggiungere più velocemente e su larga scala i cittadini italiani e sensibilizzarli. Inoltre vorremmo lanciare delle petizioni online o attivare un crowdfunding. L’obiettivo è quello di promuovere un turismo consapevole che abbia degli effetti sul luogo, che non si limiti ad un semplice “osservare” passivamente ciò che si ha intorno ma che possa valorizzare un territorio che per ora sembra dimenticato, nella speranza che nuove persone lo scoprano e lo mantengano in vita.

L’esperienza di questa route è stata una vera e propria “scarica di emozioni” ma soprattutto ci ha aperto gli occhi su come vivono le persone in quei luoghi; abbiamo davvero compreso quanto sia determinante la forza di volontà di ogni singolo per ripartire e per ricostruire una nuova vita sulle macerie della precedente. Inoltre, le diverse testimonianze raccolte ci hanno permesso di soffermare l’attenzione sulle questioni più pratiche e burocratiche con cui si devono scontrare tutti i giorni, al fine di restituire a loro stessi, alle proprie famiglie e alla loro comunità una ritrovata normalità in condizioni di piena sicurezza.

 

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