A mano “libera”

Concorso artistico per persone detenute

Clan Arcobaleno, Trieste 2

Luca Trimarco, “Libertà di colori, colori in libertà
primo posto, “come vorrei decorare la mia parete”
Per l’originale, intrigante – e un po’ misterioso – accostamento di nomi e date alle macchie cromatiche e per l’uso felicissimo del colore




Durante questi due ultimi anni abbiamo deciso di affrontare il tema del carcere e della “pena” (intesa sia come concetto astratto collegato alla colpa, sia come condizione a cui sono sottoposte le persone condannate).
Lo abbiamo fatto ideando e partecipando a diverse attività ed incontri che ci hanno aiutato ad avere una visione a “360 gradi” della questione.

Alla fine del periodo di formazione e ricerca ci siamo messi in gioco: il nostro desiderio era quello di creare un ponte tra la realtà delle persone detenute e quella di chi sta “al di fuori”; un’occasione per tutti interessante e di riflessione.

Consapevoli delle non poche difficoltà, principalmente burocratiche, cui saremmo andati incontro, abbiamo comunque scelto di lavorare su un aspetto che a noi stava a cuore: la possibilità per ciascuno di esprimere sé stesso nella sua creatività; da qui l’idea di creare un concorso ed una successiva mostra d’arte di elaborati prodotti da persone detenute nelle carceri del Triveneto.

Il concorso ha messo in palio tre premi in denaro per i vincitori. Questo contributo ci sembrava adatto alla finalità del progetto, di collegare, cioè, il mondo dentro e fuori le mura dei carceri, portando benefici sociali e sensibilizzazione. Per chi si trovava in detenzione, il denaro avrebbe aiutato a sostenere le spese necessarie; d’altro canto, grazie anche alle attività di autofinanziamento che abbiamo svolto, in molti sono divenuti più sensibili alla tematica penale, ai “pensieri impressi su carta” di persone che vivono una vita completamente diversa dalla loro.

La diffusione del bando è stata una parte difficile del percorso perché all’interno degli istituti, gli operatori sono stati generalmente interessati, ma non sempre disponibili, per le diverse difficoltà organizzative interne al carcere.

In ogni caso abbiamo la speranza che ciascuno degli artisti – seppur pochi – che ha risposto, si sia sentito almeno per un attimo “fuori”, qui insieme a noi, ridando una dignità alle proprie emozioni. Per questo abbiamo scelto di creare una “mini-mostra”, nonostante l’esiguità numerica delle opere, tutte comunque molto interessanti.  

La mostra è stata accolta nella programmazione del PAG (Progetto Area Giovani del Comune di Trieste) che vede tra le proprie finalità lo sviluppo di nuove progettualità e forme di partecipazione per i giovani cittadini, ed è stata messa a disposizione una piccola, ma centralissima sala mostre.

Ringraziamo per la collaborazione al progetto anche tutte quelle persone che ci hanno aiutato a realizzare il percorso formativo sulle pene e a concretizzare la mostra, rendendosi disponibili a partecipare alla Commissione valutativa o mettendo a disposizione le proprie competenze: Pino Roveredo (scrittore), Elisabetta Burla (Garante comunale dei diritti dei detenuti di Trieste), Gianpaolo Sarti (giornalista), Annalisa Castellano (assistente sociale), Silvia Chiodo (responsabile di strutture socio-educative), Lucia D’Agnolo (docente di storia dell’arte, autrice dei commenti per le opere vincitrici), Fausta Favotti (assistente sociale), Manuela Sedemach (artista, esperta d’arte) Lorenzo Tortora (coordinatore della cooperativa Hanna House), il PAG ed il suo personale.

L’idea di intitolare la mostra A MANO LIBERA, ci è venuta per inglobare le due caratteristiche essenziali del messaggio che volevamo trasmettere: la creatività e la libera espressione dei pensieri e dei sentimenti.

L’arte come riflessione sul tema della “pena” e la creazione di una finestra aperta verso il mondo esterno, sull’esperienza e sulle speranze delle persone detenute, ha aiutato secondo noi, a sensibilizzare tutte quelle persone che hanno partecipato all’inaugurazione del 6 Settembre 2019 e nei giorni successivi della mostra.

Un’ultima soddisfazione ci è arrivata quando siamo stati contattati da una parente del detenuto che ha vinto il primo premio: ci ha detto che con la cifra vinta sarebbe riuscito a pagare l’affitto della sua casa. Bello, no?

Si ringrazia Andrej Rebesco per le immagini.